Ogni anno sono oltre 6 milioni gli accessi in Pronto Soccorso per traumi agli arti inferiori o superiori, che riguardano in maggioranza la fascia d’età dai 19 ai 40 anni (80%) e quella degli over 70 (65%). I casi gravi sono circa 350 mila, di questi uno su tre avrebbe bisogno di un nuovo approccio che fonde ortopedia e chirurgia plastica: «Restituire a queste persone la funzionalità degli arti significa anche, oltre a dare una buona qualità di vita ai pazienti, diminuire i costi sociali connessi a queste patologie, che comprendono la riabilitazione ma anche la perdita di produttività che spesso si associa a un’amputazione in giovane età - osserva il professor Francesco D’Andrea, direttore del Dipartimento di Chirurgia Plastica e Estetica della Federico II e Presidente del 70° Congresso -. Si tratta di tradurre nell’approccio a traumi e a patologie che comportano la perdita di tessuto a livello degli arti ciò che già viene fatto nelle Breast Unit, quando contestualmente all’intervento per eliminare un tumore viene garantita alla paziente la ricostruzione della mammella. In una Orthoplastic Unit il chirurgo ortopedico e il chirurgo plastico lavorano fianco a fianco e questo avviene soltanto in poche grandi aziende dove sono già presenti Unità di chirurgia plastica, tuttora poco diffuse. A oggi non esiste un censimento dei centri dove sia possibile sottoporsi a ortoplastica, così il nostro obiettivo è far sì che in tutto il Paese si costituisca un maggior numero di Unità multidisciplinari specialistiche dedicate a questa strategia: realizzando un sistema a rete sarebbe possibile pensare almeno a centri di riferimento regionali in cui sia presente una chirurgia plastica, a cui possano rivolgersi le diverse ortopedie territoriali per garantire la migliore assistenza possibile a tutti coloro che abbiano necessità di un intervento di ortoplastica».